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COMUNITÀ ENERGETICHE

3 Febbraio 2024

DALLA TRANSIZIONE ECOLOGICA A VERE E PROPRIE FORME DI INVESTIMENTO

 a cura di Gianvito Amendolara e Giuseppe Scaraggi

INTRODUZIONE

La trasformazione voluta insistentemente dalla Comunità Europea nell’ottica della “decarbonizzazione” totale entro il 2030 sta creando nuove opportunità di investimento per i vari operatori di mercato, volte anche a ripristinare il ruolo chiave del consumatore finale nelle scelte relative allo sviluppo e alla promozione di energie rinnovabili.

A questo proposito occorre evidenziare che le recenti norme comunitarie favoriscono la promozione di modelli cooperativistici e di energia di comunità; tale impronta farà propendere per una governance delle nuove energie rinnovabili basate sulla sussidiarietà orizzontale con il fine dello sviluppo delle comunità locali.

L’articolo 194 del TFUE[1] ha stabilito che la promozione di energia da fonti rinnovabili rappresenta, come già anticipato in precedenza, uno degli obiettivi della politica energetica dell’intera Unione Europea e questo costituisce una parte importante dei futuri pacchetti di misure necessarie per ridurre le emissioni di gas.[2]

Tale situazione presenta, quindi, la necessità di approfondire e analizzare quali possano essere le forme giuridiche da definire, nonché gli aspetti economici, finanziari e fiscali che ne discendono; tutto questo al fine di contemperare le finalità ambientali con quelle economico-strategiche di ogni singolo attore coinvolto.

COMUNITA’ ENERGETICHE

In questo contesto si è vista la nascita delle comunità energetiche, intese come un’aggregazione di utenti finali di energia elettrica, avente lo scopo di generare benefici economici, ambientali e sociali ai membri della comunità e al territorio interessato.

La legislazione italiana ha recepito la Direttiva europea sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili[3] e ha sancito che una comunità energetica è un aggregato di utenti finali:

  • Cittadini/famiglie;
  • Piccole e Medie Imprese;
  • Enti territoriali e autorità locali;
  • Enti di ricerca e formazione;
  • Enti religiosi;
  • Enti del terzo settore;
  • Enti di protezione ambientale.

Per quanto riguarda le piccole e medie imprese, la partecipazione alla comunità di energia rinnovabile non può costituire attività commerciale e industriale principale.

COME COSTITUIRE UNA COMUNITA’ ENERGETICA – PASSI

Per costituire e avviare una comunità energetica i passi da compiere possono essere schematizzati in questo modo:

  1. Analisi preliminare di fattibilità (analisi costi – benefici) con l’individuazione dei benefici ambientali, economici e sociali attesi;
  2. Definizione dell’assetto giuridico;
  3. Identificazione degli attori da coinvolgere e dei rispettivi ruoli all’interno della Comunità;
  4. Individuazione delle risorse economiche;
  5. Definizione della governance e del complesso di regole che presidieranno la gestione della comunità;
  6. Identificazione di eventuali barriere amministrative e individuazione delle soluzioni per la loro rimozione;
  7. Analisi puntuale, possibilmente su base oraria, dei consumi di energia dei singoli membri;
  8. Definizione degli impianti da installare sul territorio;
  9. Richiesta di autorizzazione per la posa in opera di impianti e l’installazione degli stessi;
  10. Creazione del soggetto giuridico di cui al punto 2;
  11. Gestione dei soci (gestione amministrativa);
  12. Gestione finanziaria;
  13. Gestione tecnica per la manutenzione degli impianti e il monitoraggio dei flussi energetici e la loro eventuale ottimizzazione.

I punti 1,2 e 3 vengono comunemente definiti come fase di pianificazione; i punti 4,5 e 6 vengono definiti come fase di programmazione; i punti 7 e 8 vengono definiti come fase di progettazione; i punti 9 e 10 vengono definiti come fase di realizzazione e i punti 11,12 e 13 vengono definiti come fase di gestione.

MODELLI DI ORGANIZZAZIONE

La promozione delle comunità energetiche è stata realizzata in modo differente nei vari Stati membri dell’Unione Europea: in Germania e in Scozia attraverso un accesso privilegiato ai prestiti derivanti da specifici fondi governativi; in Danimarca attraverso una pianificazione energetica con esenzioni fiscali e limitando la proprietà degli impianti rinnovabili ai soli attori locali.

A tal proposito, anche sulla base delle forme maturate in Europa, si possono sintetizzare due macro-modelli di organizzazione di una comunità energetica:

  • quello diretto, dove i soggetti della comunità partecipano all’investimento a sostegno delle iniziative di produzione della comunità e hanno in cambio il loro consumo di energia;
  • quello indiretto dove l’uso dell’energia prodotta dai singoli è prevista mediante accordi di compravendita organizzati dai singoli stessi o su piattaforme che consentono lo scambio di energia a livello locale.[4]

POSSIBILI FORME GIURIDICHE DELLE COMUNITÀ ENERGETICHE

Le norme comunitarie e quelle recepite e modificate dagli Stati membri non impongono una determinata forma giuridica per la creazione di comunità energetiche ma, descrivendone obiettivi e caratteristiche essenziali, ne circoscrivono (e non di poco) il campo di applicabilità.

Tali norme statuiscono che le comunità energetiche devono:

  • essere un soggetto giuridico, di tipo collettivo, trattandosi di comunità;
  • garantire il diritto di libero ingresso a tutti coloro che hanno i requisiti indicati nelle norme comunitarie;
  • mantenere e preservare i diritti della clientela finale;
  • garantire il diritto di recesso in qualsiasi momento;
  • garantire condizioni economiche di ingresso e partecipazione non eccessivamente gravose;
  • inserire, all’interno dei loro statuti, gli obiettivi principali consistenti nella fornitura di benefici economici, ambientali e sociali.

Si deduce quindi chele principali forme giuridiche per la costituzione di una comunità energetica possano limitarsi a quelle di:

  1. cooperative;
  2. associazioni riconosciute e non riconosciute;
  3. fondazioni di partecipazione.
  1. COOPERATIVE

Il modello delle società cooperative, disciplinato dagli artt. 2511 ss. del Codice Civile, presenterebbe elementi di forte affinità con le caratteristiche proprie delle CER, in virtù delle finalità mutualistiche e della configurazione “a porte aperte” (art. 2528 c.c.) tipica degli schemi societari a capitale variabile.

Sarà fondamentale, quindi, redigere appositi statuti che trovino un punto di equilibrio sul principio espresso dall’articolo 2528 del Codice civile, capace di custodire e rafforzare l’operatività di ogni comunità energetica sotto forma di società cooperativa.

PRO: finalità mutualistiche, stabilità, regime fiscale speciale, apertura a soci pubblici e privati, piena compatibilità con il principio della partecipazione aperta, possibilità di realizzare investimenti in nome e per conto proprio, possibilità di regolare con i membri la messa a disposizione di impianti di proprietà, possibilità di conferire impianti di proprietà, accesso facilitato al credito.

CONTRO: costi di costituzione e gestione elevati, regolarizzazione della disponibilità degli impianti in caso di recesso del membro proprietario ed eventuale equo compenso; mancato controllo direzionale dovuto al principio di democraticità, secondo cui ciascun socio ha un voto in assemblea (fatte salve deroghe statutarie).

  • ASSOCIAZIONI

Risulterebbe, altresì, compatibile con lo schema delle CER la forma giuridica delle associazioni.

È fondamentale, tuttavia, fare una breve introduzione in ordine alle associazioni, che possono distinguersi in riconosciute o non riconosciute.

Le associazioni riconosciute come persone giuridiche hanno il vantaggio fondamentale dell’autonomia patrimoniale perfetta che porta ad una netta distinzione con riferimento al patrimonio dell’associazione rispetto a quello degli associati; in questo caso il creditore particolare

dell’associato non potrà rivalersi sul patrimonio dell’associazione e, viceversa, i creditori dell’associazione non potranno agire aggredendo il patrimonio personale dei singoli associati.

Le associazioni non riconosciute, invece, godono di autonomia patrimoniale imperfetta: le persone che hanno agito per conto dell’associazione rispondono con il proprio patrimonio solidalmente con il fondo comune dell’associazione per via dell’assenza della personalità giuridica.

PRO: bassi costi di gestione, regime fiscale agevolato, apertura a soci privati e pubblici, possibilità di

investimenti in nome e per conto proprio, possibilità di regolare con i membri la messa a disposizione di impianti di proprietà, possibilità di conferimento al patrimonio di impianti di proprietà, compatibilità con il requisito della partecipazione aperta.

CONTRO: costi di costituzione elevati, limitata capacità di gestione e di stabilità (il recesso di socio è libero), limitata capacità di attirare risorse finanziarie dal mercato, impossibilità per i soci di ripetere i contributi versati, nessun diritto sul patrimonio dell’associazione per i soci.

  • FONDAZIONI DI PARTECIPAZIONE

Il modello delle fondazioni di partecipazione si configura come un modello a metà strada tra le associazioni e le fondazioni: soggetti privati e pubblici collaborano nella gestione di un patrimonio vincolato alla realizzazione di un interesse generale. Rispetto al modello tradizionale, le fondazioni di partecipazione presentano la peculiarità di essere “contaminati” da elementi associativi: vi è la possibilità che la fondazione sia costituita da una pluralità di soci e che lo statuto consenta ad altri soggetti di acquisire la qualifica di socio in un secondo momento, proprio come avviene nel caso delle associazioni[5].

È necessario rilevare, tuttavia, che il modello di fondazione di partecipazione potrebbe sembrare adatto per la realizzazione delle CER qualora registrato come Ente del Terzo Settore. La mancata iscrizione farebbe operare la fondazione in una condizione di potenziale incertezza normativa che potrebbe disincentivare il ricorso a questa forma giuridica.

PRO: bassi costi di gestione, stabilità, regime fiscale favorevole, possibilità di ricevere finanziamenti pubblici e privati, apertura a soci privati e pubblici, possibilità di prevedere diverse categorie di soci, possibilità di realizzazione di investimenti in nome e per conto proprio, possibilità di regolare con i membri la messa a disposizione di impianti di proprietà, possibilità di conferimento al patrimonio di impianti di proprietà.

CONTRO: elevati costi di costituzione, impossibilità di una struttura capace di supportare una organizzazione imprenditoriale complessa, nessuna compensazione in caso di recesso del socio, possibilità puramente formale di recesso del socio.

FOCUS SULLA NATURA IMPRENDITORIALE E LA POSSIBILE ADOZIONE DEL MODELLO GIURIDICO DELLA S.R.L.

Il modello delle società di capitali sembrerebbe in astratto adatto per i progetti di maggiore complessità.

Va ricordato, tuttavia, che il modello organizzativo delle società di capitali, avendo tradizionalmente in seno finalità lucrativa, potrebbe risultare lontano dai principi ispiratori delle CER.

Ciononstante, la riconosciuta distinzione tra i concetti di società e impresa (sia quest’ultima lucrativa o sociale), che estende i modelli tipici delle società a comportamenti persino non imprenditoriali (v. il caso delle società tra professionisti, non pacificamente inquadrabili nell’ambito dell’impresa), agevola il ricorso a forme societarie anche nel caso di comunità energetiche con struttura organizzativa più complessa e quindi meritevole di maggiore stabilità; al più servirà per queste modificare l’atto costitutivo orientandolo verso obiettivi sociali ed ambientali.

Nello stesso senso sembra orientato il legislatore[6] quando statuisce che le comunità energetiche possono adottare la forma giuridica che prediligono, salvo individuare all’interno dell’atto costitutivo come scopo principale il perseguimento (a favore dei soci) di benefici ambientali, economici e sociali anche a livello di comunità, e non di profitti economici finanziari.

Alla luce di quanto appena esposto, quindi, le comunità energetiche potranno perseguire finalità di lucro oggettivo, salvo restringere quelle di lucro soggettivo, con la conseguenza che i soci non potranno distribuire gli utili ricavati dall’attività sociale.

Quanto alla natura imprenditoriale dell’attività delle comunità energetiche esercitata in forma collettiva, non pare emergano oggi dubbi.

Si consideri che fino a quando è esistita nel panorama normativo la sola figura del “prosumer”, ossia quella di auto-consumatore individuale, che escludeva, di fatto e di diritto, la figura imprenditoriale, si riteneva che si producesse per sé stessi, non per il mercato, e che il meccanismo dello scambio non configurasse una forma commerciale di utilizzo dell’energia prodotta, ma una mera remunerazione tra l’energia consumata e prodotta.

Il discorso cambierebbe completamente se a produrre e consumare da fonti di energia rinnovabili fosse un soggetto giuridico, al quale, tra l’altro, l’Unione Europea guarda come soggetto economico che deve saper essere presente nel tempo sul mercato senza farsi sopraffare dai principali competitors. E nello stesso senso la normativa interna ed europea riconosce alla CER la possibilità di erogare servizi energetici e no, dando, indirettamente, l’occasione di essere protagonisti sul mercato come un vero e proprio operatore energetico[7].

A conferma, analizzando le attività essenziali[8], la CER rispecchia i requisiti previsi dall’art. 2082 del c.c.[9]:

  1. Il carattere produttivo in quanto la CER è un produttore autentico di ricchezza poiché può contare sulla disponibilità di fattori produttivi, i quali vengono inseriti all’interno di un processo produttivo al fine della produzione di beni e/o servizi;
  2. L’economicità in quanto il contributo economico ventennale erogato da parte del GSE, oltre al suo carattere certo e stabile, consentono alla CER di perseguire e programmare obiettivi di equilibrio economico-finanziario, oltre ad assicurare un’oggettiva economicità dell’attività produttiva dell’ente;
  3. L’organizzazione in quanto la CER, assolvendo al ruolo di referente (per presentare istanza al GSE, ricevere gli incentivi e di distribuirli tra i partecipanti), garantisce il collegamento funzionale tra attività produttiva e complesso di beni (inteso come singoli impianti);
  4. La professionalità, nel senso di avere la capacità di poter durare nel tempo, se si rispettano i principi di economicità e organizzazione i quali, come appena descritto, sono requisiti riconducibili alla CER.

Per quanto appena esposto ci si deve interrogare se davvero la scelta della forma giuridica di un ente senza scopo di lucro (cooperativa, associazione, fondazione) possa rappresentare la scelta ottimale, considerando che ci si ritroverebbe con una struttura non propriamente capace di governare la propria attività imprenditoriale.

In questo contesto sta trovando spazio la c.d. “società benefit”, ossia un modello di società, introdotto dalla Legge 208/2015[10], che prevede la distribuzione di utili e che, contemporaneamente, mira alla realizzazione di una o più finalità di beneficio comune e opera in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori, ambiente, beni, attività culturali e sociali.

CONCLUSIONI

A conclusione di questa analisi, è utile sottolineare che, ad oggi, non esiste un modello di forma giuridica perfetta ai fini della costituzione di una CER.

Tutti i modelli analizzati, come già descritto, presentano importanti punti di forte affinità con le caratteristiche intrinseche di una CER, contrapposti ad altrettanti importanti punti di scarsa affinità.

Con riguardo alle persone fisiche o giuridiche private le forme giuridiche che risulterebbero più compatibili per la costituzione di una CER sono le società cooperative e le associazioni riconosciute in quanto:

  • consentono l’ingresso e l’uscita dei membri/associati;
  • perseguono uno scopo non lucrativo;
  • possono avere come soci persone fisiche, enti di diritto pubblico e privato, consumatori e imprenditori;
  • permettono la regola del voto capitario, con il rispetto, quindi, del principio democratico[11].

È necessario, nonché di fondamentale importanza, sottolineare un aspetto rilevante: quanto appena esposto deve essere analizzato da un punto di vista teorico-legislativo.

Questi aspetti discernono completamente da quella che potrebbe essere l’applicabilità del modello CER ad una fattispecie concreta, poiché dovrà essere considerata una moltitudine di aspetti e variabili che partono dall’analisi della tipologia di  soggetti coinvolti (persone fisiche, imprese, professionisti) passando per uno studio puntuale dei consumi di energia dei singoli membri della CER, e finendo con la verifica degli aspetti economico-finanziari relativi ai ristorni, al ritorno economico dai singoli investimenti e agli incentivi previsti dalla normativa.

La concreta applicabilità di quanto appena esposto prescinde da una consulenza specialistica fornita da un TEAM di professionisti ed esperti in materie giuridiche ed economico finanziarie al fine di individuare, progettare e realizzare l’investimento e il consecutivo processo di pianificazione e gestione di una CER.


[1] “Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea”.

[2] Nell’accordo di Parigi sul clima del 2015 l’Unione Europea ha posto come obiettivo vincolante quello di ridurre le emissioni di almeno il 40% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030.

[3] La Direttiva Comunitaria 2011/18 , all’articolo 2, comma 1 n.11 definisce la comunità energetica come « un soggetto giuridico fondato sulla partecipazione volontaria e aperta di persone fisiche, giuridiche ed enti locali con il principale scopo di offrire ai suoi membri e al territorio in cui opera, benefici ambientali e sociali e fornire altri servizi energetici ai suoi membri o soci partecipando alla generazione, distribuzione, fornitura, consumo, aggregazione e stoccaggio dell’energia, ai servizi di efficienza energetica e ai servizi di ricarica per i veicoli elettrici».

[4] In questo senso C. Bevilacqua, Le comunità energetiche tra governance e sviluppo locale, inRivista elettronica di diritto pubblico, dell’economia e di scienza dell’amministrazione,13 maggio 2020.

[5] V. “I quaderni per la Transizione Energetica: Comunità Energetiche Rinnovabili e Gruppi di Autoconsumatori – Principali Modelli giuridici per la costituzione delle Comunità energetiche rinnovabili” – ART-ER -Regione Emilia-Romagna- pagg. 17-29

[6] L’art.14, comma 6, lettera d, del d.lgs. 210/2021 statuisce: “La comunità energetica dei cittadini è un soggetto di diritto privato che può assumere qualsiasi forma giuridica, fermo restando che il suo atto costitutivo deve individuare quale scopo principale il perseguimento, a favore dei membri o dei soci o del territorio in cui opera, di benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità, non potendo costituire i profitti finanziari lo scopo principale della comunità.

[7] M. Meli, Le comunità di energia rinnovabile: i diversi modelli organizzativi, in Giurisprudenza italiana, 2023, p.2771-2772.

[8] Le attività essenziali in esame risultano essere quelle di PRODUZIONE, CONSUMO, CONDIVISIONE DI ENERGIA.

[9] “È ’ imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.”

[10] Cosí A. Bonafede, Comunità energetiche: spunti di riflessione sulla forma giuridica, in Ecquologia, 6 Dicembre2023,

[11] Quale forma giuridica e quale forma contrattuale. I nodi irrisolti   F. Chiopris, Quale forma giuridica e quale forma contrattuale. I nodi irrisolti, in ­­Buygreen – Padova,20 dicembre 2022.

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