CREDITO DI IMPOSTA ZES

REQUISITO DELLA “NOVITÀ” PER I BENI IMMOBILI

Credito di Imposta ZES: normativa di riferimento

La Legge n. 208/2015 all’articolo 1, comma 98, e da ultimo modificato dalla Legge di Bilancio 2023[1], stabilisce che per le imprese che effettuano acquisti relativi a beni strumentali nuovi e destinati a strutture produttive ubicate nelle zone economiche speciali (ZES) delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia fino al 31 Dicembre 2023 è attribuito un credito di imposta nella misura massima consentita dalla Carta degli aiuti a finalità regionale.

Risposta all’interpello n. 310/2023: il requisito della “novità”

Con la risposta n. 310 del 3 maggio 2023 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il credito di imposta ZES si applica agli investimenti in “beni strumentali nuovi”.

Per ottenere il beneficio, quindi, i beni devono possedere il requisito della strumentalità e della novità.

La società istante ha acquisito dalla curatela fallimentare di un’altra società, tutto il compendio industriale relativo all’attività esercitata dalla società fallita.

La parte immobiliare del compendio industriale consta di un capannone industriale, di una palazzina destinata ad uffici e di un’area pertinenziale scoperta.

La società istante, dopo l’acquisizione, ha acquistato nuovi impianti e beni strumentali che hanno comportato anche l’esecuzione dei lavori edili all’interno del capannone e ha richiesto, nell’interpello, la fruizione del credito di imposta ZES in relazione al costo sostenuto per l’acquisizione del compendio immobiliare e per i lavori edili da effettuarsi, nonostante il capannone in questione non abbia il requisito della “novità”.

L’Agenzia delle Entrate, dopo aver rappresentato la disciplina relativa all’agevolazione, ha osservato che, per effetto delle modifiche introdotte nel 2022, il credito di imposta è stato esteso anche alla realizzazione o all’ampliamento di immobili strumentali all’investimento, con effetti a decorrere dal 1° maggio 2022 e valido per gli investimenti effettuati fino al 31 dicembre 2023.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, devono ritenersi validi i chiarimenti fornito dalla circolare 34/2016, secondo la quale i beni oggetto di investimento devono caratterizzarsi per il requisito della strumentalità (ossia devono essere di uso durevole e volti ad essere impiegati per la produzione all’interno del processo produttivo dell’azienda) e della “novità” (ossia devono essere nuovi).

Alla luce di quanto appena esposto, quindi, il costo sostenuto per l’acquisto dell’intero compendio immobiliare non risulterà agevolabile in quanto riferito ad un compendio carente dal punto di vista della novità.

Nonostante questo, l’Agenzia ha chiarito che il beneficio fiscale spetta comunque alle spese sostenute per l’esecuzione di lavori all’interno di edifici già esistenti poiché il Testo Unico sull’Edilizia considera come “interventi di nuova costruzione” anche l’ampliamento di quelli già esistenti.

Quindi, nel caso in cui si trovasse la situazione di acquisizione di beni immobili nuovi e vi fossero comunque interventi di ampliamento, verrebbero agevolati dalla normativa in esame sia l’acquisizione del bene immobile nuovo, sia i lavori di ampliamento dello stesso.

Si riporta, in calce, il link dell’interpello oggetto di questo articolo:

https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/documents/20143/5256668/Risposta+n.+310_2023.pdf/2ca8027e-616b-ed7a-1cdf-f313abf7f24e


[1] Articoli 265 e 266 Legge 197/2022

GLI STRUMENTI DELLA RIORGANIZZAZIONE DEL PATRIMONIO IMMOBILIARE: LA SOCIETÀ SEMPLICE

di GIANVITO AMENDOLARA

La problematica della riorganizzazione dei patrimoni immobiliari è considerato di grande interesse nel nostro Paese, soprattutto se si analizza, in base al volume delle transazioni effettuate, la ragguardevole quantità di immobili storicamente posseduti e scambiati in Italia.

Molto spesso i patrimoni immobiliari di una famiglia di imprenditori sono detenuti per il tramite di una o più società, direttamente immobiliari ovvero detentrici di rami di società operative.

Accade che la società immobiliare sia costituita nella forma di società di capitali (tipicamente s.r.l.), altre volte nella forma di società di persone, anche sotto forma di società semplice.

La società semplice, all’interno dell’ordinamento civilistico nazionale, è stata da sempre limitata allo svolgimento di attività agricole e professionali, fino ad evolversi come strumento tra i più utilizzati nell’ambito della pianificazione patrimoniale e del passaggio generazionale.

Nella prassi la società semplice è, ad oggi, un modello largamente utilizzato per la gestione dei patrimoni immobiliari significativi e per la gestione dei patrimoni mobiliari.

Quella relativa all’ammissibilità della società semplice di gestione è questione tutt’altro che nuova.

Società semplice: caratteristiche principali

Ai sensi dell’art. 2251 C.C. e seguenti, le peculiarità della società semplice si possono specificare come di seguito:

  • non vi è la possibilità di svolgere attività commerciale[1];
  • presenza di un modello societario “semplificato”, soprattutto in fase costitutiva;
  • conferimenti liberi (possono essere conferiti tutti i beni passibili di valutazione economica)[2];
  • presenza di forte autonomia statutaria;
  • governance flessibile;
  • non vi è obbligo di tenuta delle scritture contabili;
  • presenza di autonomia patrimoniale imperfetta;
  • non assoggettabilità al fallimento e alle altre procedure concorsuali;
  • possibilità di prevedere, al momento della costituzione, la disciplina di riferimento delle partecipazioni societarie e della loro circolazione (inter vivos e mortis causa);
  • possibilità di pianificare in maniera ottimale la successione poiché vi è la presenza della regola generale della intrasmissibilità della quota.
  • la determinazione della parte di utili e perdite spettanti a ciascun socio è rimessa alla volontà dei soci stessi, salvo il divieto di patto leonino[3];

Riorganizzazione dei patrimoni immobiliari in Italia: accenni storici

Il tema della riorganizzazione dei patrimoni immobiliari rappresenta, invero, un tema che è stato già all’attenzione dei giuristi agli inizi degli anni ’80 dove si è fatto utilizzo di tale strumento per la gestione di patrimoni anche di rilevante entità.

Si ricorda, ad esempio, la “Dicembre Società Semplice”, costituita nel 1984 per detenere la partecipazione di controllo di “Fiat S.p.A.”.

All’interno dell’atto costitutivo era precisamente previsto che la società avesse per oggetto la “formazione di un patrimonio immobiliare e/o mobiliare, la sua gestione, nonché l’eventuale assegnazione dei beni sociali ai soci”.

Ai sensi della legge 449/97, all’articolo 29, sono state agevolate le trasformazioni in società semplici di società commerciali aventi per oggetto esclusivo o principale la gestione dei beni immobili o mobili non utilizzati come beni strumentali nell’attività caratteristica dell’impresa.

È stato da allora sempre contestata la possibilità che si potesse utilizzare una società semplice per il mero godimento di immobili al sol fine di divenire “cassaforte” del patrimonio di famiglia.

Tutte le società, infatti, dovevano svolgere attività commerciale di tipo imprenditoriale, nonostante, in pratica, l’attività realmente esercitata fosse quella di gestione patrimoniale immobiliare.

Questa prassi ha portato alla nascita e alla moltiplicazione di società commerciali il cui unico scopo è stato la gestione del patrimonio immobiliare dei soci.

La sentenza del Tribunale di Roma nel novembre 2016 ha creato lo spartiacque su questo tema: l’attività di mero godimento del patrimonio immobiliare è consentita a tutti gli effetti, andando, così, a ridimensionare la normativa fiscale delle “società di comodo”.

L’attività di mero godimento è esercitabile solo dalla società semplice.

Aspetti fiscali della trasformazione in società semplice

La Società Semplice immobiliare presenta anche notevoli vantaggi fiscali:

  • gli utili sono tassati direttamente in capo ai soci, in regime di trasparenza fiscale;
  • non si applicano le normative fiscali previste per le società commerciali di mero godimento, già previste per le società di comodo[4];
  • all’atto del conferimento sconta l’imposta di registro in misura fissa (€ 200);
  • nel caso di cessione di partecipazioni in quote di società commerciali da parte della società semplice, i proventi generati dalla vendita dele quote (rivalutate) sono soggetti a imposta sostitutiva, in capo esclusivamente alla società e non ai soci come il regime della trasparenza prevederebbe;
  • se detenuti da più di 5 anni, la cessione degli immobili non genera plusvalenze tassabili, né in capo ai soci e nemmeno in capo alla società[5];
  • la cessione degli immobili da parte di una Società Semplice, detenuti da meno di 5 anni, va invece tassata, con la possibilità di optare per l’imposta sostitutiva del 26% sulla plusvalenza.[6]

La problematica relativa alla trasferibilità delle partecipazioni di una società semplice: l’articolo 3, comma 4-ter TUS

L’articolo 3, comma 4-ter, del TUS (Testo Unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni) pone dei limiti alle condizioni di applicabilità dell’esenzione dall’imposta sulle successioni e sulle donazioni con riferimento ai trasferimenti delle quote di una società semplice in favore di discendenti e/o coniuge.

Tali limiti sono:

  • i destinatari del trasferimento devono essere il coniuge o i discendenti;
  • i beneficiari del trasferimento devono proseguire l’esercizio dell’attività di impresa per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data di trasferimento[7];
  • l‘impegno” alla prosecuzione dell’attività di impresa deve essere espressamente reso alla presentazione dell’atto di successione.

Una parte della dottrina ritiene che non potendo la società semplice, così come indicato all’interno del Codice civile, esercitare un’attività di impresa commerciale, nel caso in cui venga ad esserci un trasferimento di quote di società semplici non potrà trovare applicazione l’esenzione dall’imposta di successione e donazione.

In totale contrapposizione con questa indicazione vi è una buona parte della dottrina (che sembra oggi essere la più seguita) la quale indica il termine “prosecuzione dell’attività di impresa” non come prosecuzione di attività di impresa commerciale ma come necessità di mantenere il possesso della partecipazione societaria acquisita. In questo caso l’esenzione dall’imposta di successione e donazione avrebbe tutto lo spazio per la sua totale applicazione.

La donazione della nuda proprietà

Con riferimento all’applicabilità dell’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni, ai sensi dell’articolo 3, comma 4-ter del TUS, nel caso di trasferimento gratuito della sola nuda proprietà sull’azienda, ci si deve interrogare sul rispetto della condizione richiesta dalla norma agevolativa, ossia “la prosecuzione dell’attività di impresa per cinque anni dalla data del trasferimento” da parte del beneficiario.

In prima analisi occorre sottolineare che, per le donazioni dell’usufrutto sull’azienda, viene rilevata la possibilità di beneficiare dell’esenzione, poiché viene rispettato il requisito della prosecuzione dell’attività di impresa (da parte dell’usufruttuario), così come richiesto dalla norma.

Infatti, l’usufruttuario ha il diritto di godere della cosa, ai sensi degli articoli 981 c.c.[8] e 2561 c.c.[9]

Con riguardo, invece, alla donazione della nuda proprietà sull’azienda, l’Agenzia delle Entrate rileva che il “nudo proprietario”, pur avendo la titolarità del bene gravato dall’usufrutto, non dispone del diritto di godimento né dei poteri di gestione dell’azienda ricevuta a titolo gratuito; pertanto, non può trovare applicazione la disposizione agevolativa poiché in assenza di uno dei presupposti necessari indicati dalla normativa di riferimento.

Questa indicazione, porta, anche, ad una conseguenza inevitabile: qualora il donatario usufruisse dell’esenzione dall’imposta di donazione ai sensi dell’articolo 3, comma 4-ter del TUS e volesse trasferire la nuda proprietà a terzi dell’azienda, mantenendone l’usufrutto, prima dei cinque anni dal momento dell’acquisto (ricezione in donazione), egli non decadrà dal beneficio di cui sopra.

FOCUS: TRASFORMAZIONE AGEVOLATA IN SOCIETA’ SEMPLICE

L’art. 1 , comma 100 della Legge 197/2022 (Legge di Bilancio 2023) ha reintrodotto la possibilità di effettuare l’operazione straordinaria di trasformazione agevolata da società di capitali o di persone in società semplici[10].

Tale agevolazione consentirebbe alle società commerciali, che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione di beni immobili diversi da quelli strumentali per destinazione e di beni immobili iscritti nei pubblici registri, non utilizzati come beni strumentali nell’attività propria d’impresa, di trasformarsi in società semplice.

La disciplina in esame statuisce che la trasformazione potrà definirsi agevolabile se all’atto di trasformazione la compagine sociale sarà composta dagli stessi soci che erano tali alla data del 30 settembre 2022.

Alla luce delle informazioni appena riportate, saranno agevolate, se effettuate entro il 30 settembre 2023:

  • le cessioni e le assegnazioni ai soci di beni immobili diversi da quelli strumentali per destinazione e di beni mobili registrati non strumentali;
  • le trasformazioni in società semplici di società commerciali che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione di beni immobili diversi da quelli strumentali per destinazioni.

L’agevolazione riproposta dalla legge di Bilancio 2023 prevede l’applicazione di un’imposta sostituiva pari al 8% da applicare alla differenza tra il valore normale dei beni posseduti all’atto della trasformazione ed il loro costo fiscalmente riconosciuto.

L’aliquota impositiva sostitutiva aumenta fino al 10,5% qualora la società “trasformanda” sia considerata “non operativa”[11] in almeno due dei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al momento della trasformazione.

Detto questo, rimane in piedi la problematica relativa alle riserve costituite prima della trasformazione: l’operazione straordinaria in esame determinerebbe l’emersione a tassazione delle riserve in sospensione di imposta e le stesse si imputerebbero ai soci nel periodo successivo alla trasformazione con conseguente tassazione secondo la normativa fiscale.

Orbene, l’agevolazione prevista dalla Legge di Bilancio riguarda, anche, l’applicazione di una imposta sostitutiva pari al 13% per le riserve in sospensione di imposta.

Una volta applicata l’imposta sostitutiva, il costo fiscale delle partecipazioni possedute dai soci andrà aumentato della differenza sottoposta a imposizione, con conseguente emersione di una inferiore plusvalenza in caso di cessione della stessa partecipazione.

Le società che decideranno di avvalersi della disposizione in esame dovranno versare:

  • Il 60% dell’imposta sostitutiva entro il 30 settembre 2023;
  • Il 40% dell’imposta sostitutiva entro il 30 novembre 2023.

La società semplice rappresenta un valido strumento da utilizzare per una possibile gestione e organizzazione del patrimonio immobiliare familiare degli imprenditori.

La concreta applicabilità di tale strumento prescinde da una consulenza specialistica di primaria importanza nell’ambito di individuazione, progettazione e realizzazione del processo di pianificazione e tutela del proprio Patrimonio.


[1] Ai sensi dell’art. 2249, comma 2, c.c

[2] Ai sensi dell’articolo. 2253 del c.c. possono essere conferiti denaro, crediti, beni in natura, prestazioni d’opera e di servizi

[3] Il divieto di patto leonino, disciplinato dall’art. 2265 c.c. dispone che è nullo qualsiasi patto che escluda uno o più soci dalla partecipazione agli utili o alle perdite di una società.

[4] Disciplinate dalla Legge n.724/94

[5] “Se lo stesso immobile fosse ceduto da una società commerciale, la plusvalenza sarebbe sempre tassata dapprima come reddito di impresa in capo alla società, poi come dividendo in capo al socio persona fisica”

A.Botti, La Società Semplice come strumento di pianificazione patrimoniale, 13 Giugno 2021

[6] L’agevolazione non è trascurabile se si considera che, stante il regime di trasparenza fiscale, qualora applicato genererebbe un utile tassabile con aliquote IRPEF solitamente inserite all’interno dello scaglione al 43%.

[7] Qualora venga meno questa condizione richiesta, si verifica la decadenza dal beneficio, con conseguente obbligo di corrispondere l’imposta in misura ordinaria, oltre ad una sanzione amministrativa del 30% su ogni importo non versato ed oltre agli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l’imposta avrebbe dovuto essere pagata.

[8] L ‘Art. 981, comma 1, c.c. statuisce: “L’usufruttuario ha diritto di godere della cosa, ma deve rispettarne la destinazione economica”

[9] L’ Art. 2561, commi 1 e 2, c.c.  statuisce: “L’usufruttuario dell’azienda deve esercitarla sotto la ditta che la contraddistingue. Egli deve gestire l’azienda senza modificarne la destinazione e in modo da conservare l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte”.

[10] “L’agevolazione era già stata prevista dalla legge di Bilancio 2016 ( Legge 208/2015)”

[11] Il D.Lgs. 175/2014 , all’articolo 18 stabilisce che possono essere definite non operative le società che conseguono in un quinquennio perdite fiscali ovvero che conseguono in quattro anni perdite fiscali e per il quinto anno non conseguono il reddito minimo delle società di comodo ( ossia quando il valore dei c.d. “ricavi effettivi” risulta inferiore alla somma degli importi che risultano applicando determinate percentuali alla voci delle immobilizzazioni dei beni materiali ed immateriali)